C’è un certo incanto, difficile da spiegare, nel sorseggiare un bicchiere di makgeolli nella taverna di un piccolo villaggio di pescatori, mentre fuori piove a dirotto. Una ciotola di metallo colma di questa bevanda lattiginosa, torbida, appena frizzante, servita accanto a una frittella di cipollotti ancora sfrigolante e ad uno stufato di pesce piccante.
In quel momento, circondati da anziani gioviali che brindavano alla nostra salute con l’impeto di ragazzini, ci siamo detti che il makgeolli non è semplicemente una bevanda: è un racconto liquido della Corea antica, di un popolo laborioso e caparbio… con una predisposizione ad apprezare le cose buone e semplici.
Dalla terra al bicchiere: cos’è il makgeolli
Il makgeolli, spesso definito come “vino di riso”, è una bevanda alcolica fermentata, ottenuta da riso cotto a vapore, acqua e nuruk, un antico starter di fermentazione ricavato da cereali e lieviti naturali. Il risultato? Una bevanda dal sapore sorprendente: dolce ma leggermente acida, cremosa e vagamente frizzante, con sentori che ricordano lo yogurt, il pane fresco, il miele e a volte un pizzico di frutta secca.
Con una gradazione alcolica che si aggira tra il 5% e il 7%, il makgeolli è amichevole, conviviale, fatto per essere bevuto in compagnia, possibilmente tra risate e piatti fumanti di cucina casalinga.
Nato come bevanda della Corea contadina, il makgeolli era ciò che si beveva a fine giornata, dopo aver lavorato nei campi. Un bicchiere per riposarsi, per condividere.
Non si trattava di lusso, ma di vita quotidiana. Ancora oggi, non è raro vederlo servito durante le feste rurali o nelle giornate di pioggia, quando si dice che “pioggia e pajeon vogliono il makgeolli”, come se fosse una legge della natura.
Eppure, questo umile vino di riso ha saputo reinventarsi: da simbolo del passato contadino a protagonista di un nuovo interesse culturale e gastronomico, non solo in Corea ma anche all’estero. Scopriamo insieme tutte le sue sfumature.
Come si beve (bene) il makgeolli
Una delle prime cose che si imparano sul makgeolli è che non va semplicemente stappato e versato. Prima si scuote la bottiglia, con gentilezza ma decisione, per mescolare la parte densa che si deposita sul fondo con il liquido più chiaro. È una bevanda viva, non filtrata, che si presenta con tutte le sue sfumature naturali.
Tradizionalmente si serve freddo, in ciotole basse di metallo o ceramica, e si beve lentamente, magari accompagnando il tutto con piatti come kimchi, stufati speziati o l’immancabile pajeon, la frittella di cipollotti perfetta per i giorni di pioggia.

Una storia millenaria tra fermenti e rivoluzioni
Le origini del makgeolli affondano le radici in una Corea molto antica. Si trovano riferimenti a bevande fermentate simili già nel periodo dei Tre Regni (tra il I secolo a.C. e il VII d.C.). Per secoli, ogni famiglia rurale aveva la propria ricetta, tramandata e adattata di generazione in generazione.
Ma la sua storia non è solo romantica. Durante il periodo coloniale giapponese la produzione fu rigidamente controllata e dopo la guerra di Corea la scarsità di riso e il boom urbano ne ridussero drasticamente la diffusione.
Per decenni è stato visto come “bevanda da vecchi”, poco alla moda, eppure a partire dagli anni 2000 c’è stata una vera e propria rinascita, legata al rinnovato interesse per i prodotti artigianali, la fermentazione naturale e le tradizioni alimentari.
Makgeolli e salute: fermento vivo, corpo felice
Oltre al suo gusto particolare, il makgeolli ha una reputazione di “bevanda che fa bene” – almeno secondo molti coreani. Soprattutto nella sua versione non pastorizzata, è ricco di probiotici, vitamine del gruppo B, aminoacidi e minerali come calcio e magnesio. Una sorta di kombucha alcolica, ma con più storia.
Ovviamente va consumato con moderazione, ma il fatto che sia “nutriente” lo rende un’eccezione nel panorama delle bevande alcoliche e da la scusa a molti appassionati per alzare il gomito a qualsiasi ora del giorno.
Makgeolli fresco o pastorizzato? Ecco la differenza
La distinzione più importante per chi vuole avvicinarsi seriamente al makgeolli è tra la versione pastorizzata, che trovi comunemente nei supermercati (anche all’estero), e quella fresca, chiamata saeng makgeolli. Quest’ultima è viva, continua a fermentare, va conservata in frigo e ha un sapore più intenso, più complesso.
Chi è appassionato va a cercare i produttori artigianali, spesso piccole distillerie a gestione familiare che seguono metodi tradizionali e offrono un prodotto che cambia col tempo, come un buon formaggio o un vino naturale.
Tante varietà, un solo spirito
Una delle cose più divertenti da esplorare è la diversità del makgeolli. Alcuni sono lisci e delicati, altri densi e rustici. Ci sono versioni aromatizzate con frutta fresca (come yuzu, fragola o mirtillo), radici tradizionali (ginseng, zenzero, patata dolce) e anche varianti moderne con matcha, cacao o persino vaniglia.
Esistono persino versioni premium, in eleganti bottiglie di vetro, pensate per il mercato internazionale o per accompagnare piatti gourmet. Sperimentando tra le varie etichette noterete che alcuni alcolici avranno un sapore dolce molto distinto mentre altri saranno più secchi.
Tra i nostri brand commerciali preferiti citiamo il Premium di Kooksoondang, Soola Handmade Makgeolli (Soolawon) e il nostro favorito… il Boksundoga Makgeolli (ve ne abbiamo parlato in questo articolo su Ulsan)
Quanto costa bere makgeolli?
In Corea, il makgeolli è ancora una bevanda democratica. Una bottiglia da 750 ml si trova facilmente tra 1.000 e 3.000 won, cioè meno di 2 euro. Quelle più raffinate o prodotte artigianalmente possono costare un po’ di più, ma sono comunque abbordabili.
All’estero, naturalmente, i prezzi salgono (soprattutto per le versioni non pastorizzate), ma è ancora possibile trovarlo a cifre accessibili nei negozi specializzati.
In generale nei piccoli supermercati troverete le versioni più economiche così come nei ristoranti più frugali, ma se si va nei supermercati di lusso o nei ristoranti specializzati in piatti “speciali” si trovano molte più varietà di vino di riso artigianale di pregio che costano ovviamente molto di più. In molti casi per fare acquisti e provare ottimi makgeolli è possibile visitare le fabbriche più piccole e artigianali.
Un futuro in gran fermento
Ecco una buona notizia per gli appassionati: oggi il makgeolli è tornato a essere cool! A Seoul esistono veri e propri makgeolli bar, locali intimi dove si possono fare degustazioni guidate, imparare ad abbinarlo ai piatti e persino frequentare workshop per produrlo in casa. Alcuni chef innovativi lo usano anche in cucina, per marinare carni, creare salse o addirittura dessert fermentati.
Se cercate un makgeolli bar molto piacevole, fornito e autentico dove si mangi anche bene vi consigliamo Damotori H a Jongsan-Gu, Seul.
Il governo sudcoreano sta spingendo perché diventi un prodotto d’esportazione culturale, al pari di kimchi, bulgogi e bibimbap. Ed è bello vedere come questa bevanda, rimasta fedele alle sue origini, riesca a parlare anche al mondo moderno, senza snaturarsi.
Il makgeolli non è solo qualcosa che si beve: è qualcosa che si vive.
Racconta la storia di un popolo, la sua capacità di adattarsi, la sua connessione profonda con la natura e con il tempo che scorre. Che lo si beva tra amici sotto la pioggia estiva in un villaggio sperduto, o in un bar elegante a Gangnam, il makgeolli rimane fedele a sé stesso: torbido e poco raffinato, sì, ma sincero.
E forse è proprio per questo che conquista locali e visitatori.