Soju coreano: cos’è, gradazione alcolica, sapore e varietà

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Se state pianificando un viaggio in Corea del Sud, preparatevi a conoscere da vicino una delle icone più riconoscibili del paese: il soju. Non si tratta semplicemente di una bevanda alcolica, ma di un elemento profondamente radicato nella cultura coreana, che accompagna cene, celebrazioni, momenti di relax e persino discussioni serie tra amici o colleghi.

In questo articolo, scritto da chi ne ha bevuto parecchio, vi racconteremo tutto ciò che c’è da sapere sul soju, per apprezzarlo davvero una volta arrivati in Corea.

Cos’è il soju e come viene prodotto

Il soju è un distillato trasparente a base di risogranopatate dolci o frequentemente (nelle vesioni più economiche) amido di tapioca. Nasce in Corea nel XIII secolo, quando i Mongoli introdussero le tecniche di distillazione apprese dagli Arabi. Tradizionalmente prodotto in casa o da piccole distillerie, il soju oggi è la bevanda alcolica più consumata in Corea del Sud, con oltre 3 miliardi di bottiglie vendute ogni anno.

Non si tratta però solo un fenomeno locale: secondo la società di ricerca internazionale IWSR, il soju è lo spirito più venduto al mondo per volume di consumo. Un record che supera vodka, whisky e rum.

Ci capita infatti molto spesso di trovarlo nei mini market di tutto il sud est asiatico e ultimamente è molto di moda anche in giappone come alternativa moderna al sake!

Gradazione alcolica del soju coreano

Il soju ha una gradazione alcolica compresa tra il 12% e il 25%, a seconda del produttore e della varietà. I marchi più diffusi sul mercato, come Chamisul (di Jinro) o Chum Churum (di Lotte), si assestano intorno al 16,9%, rendendolo più leggero della vodka, ma comunque abbastanza forte da sentirsi un po’ aterati dopo un paio di bicchieri.

I soju artigianali o premium possono invece raggiungere anche i 23-25%, offrendo una maggiore intensità e spesso un gusto più deciso, speziato o affumicato a seconda della varietà.

Perché il soju commerciale è così economico?

Dopo aver scoperto il soju durante il nostro primissimo viaggio in Corea ormai troppi anni fa ci è sorta spontanea questa domanda. Perchè il prezzo del soju è ridicolmente basso? Una bottiglia da 360 ml può costare tra 1.200 e 2.000 won, ovvero circa 0,80 – 1,50 euro, nei convenience store o nei ristoranti.

Il motivo è economico e storico: durante gli anni ’60 e ’70, in piena ricostruzione post-bellica, il governo sudcoreano vietò temporaneamente l’uso del riso per scopi non alimentari. I produttori di soju iniziarono allora a usare amidi alternativi come patate e tapioca, molto più economici. Il processo si è mantenuto fino ad oggi: la produzione del cosiddetto “diluted soju” prevede la distillazione industriale di alcol puro, poi diluito con acqua e aromi, abbattendo drasticamente i costi.

Il governo sudcoreano inoltre impone tasse relativamente basse sull’alcol domestico, per incentivare il consumo dei prodotti locali, rendendo il soju accessibile a tutti.

Pare quasi che voglia dire al popolo coreano che ubriacarsi – con prodotti locali – sia un diritto per tutti!

Drinking Soju

Che sapore ha il soju?

Molti viaggiatori assaggiano il soju aspettandosi un colpo forte, simile alla vodka o alla grappa. Eppure, rimangono sorpresi: ha un sapore molto più morbido, liscio e spesso quasi neutro, soprattutto nelle versioni commerciali. Al primo sorso, può sembrare quasi insapore, ma è proprio questa sua discreta rotondità a renderlo così pericolosamente facile da bere.

Il retrogusto (anche nelle versioni non aromatizzate) è leggermente dolciastro, dovuto agli zuccheri o dolcificanti aggiunti, ma mai stucchevole.

Nel caso dei soju artigianali, invece, il profilo è completamente diverso: qui si avvertono note di riso fermentatosfumature floreali o fruttate, e talvolta anche toni affumicati o terrosi, a seconda della tecnica di distillazione. In questi casi il gusto è più complesso e strutturato, perfetto da sorseggiare lentamente, proprio come fareste con un buon whisky o un distillato pregiato.

In entrambi i casi, troverete una caratteristica in comune: non sovrasta mai, ma accompagna, lascia spazio al cibo e alla conversazione.

E proprio per questo, è così amato in Corea.

Varietà comuni: un soju per ogni palato

Vi basterà entrare in un qualsiasi supermercatino di quartiere per trovare un intero reparto di coloratissimi soju. Quale scegliere quindi? Oltre al classico soju dal sapore originale (più secco e rinfrescante), negli ultimi anni sono diventate popolarissime le versioni aromatizzate. Le trovate praticamente ovunque: pesca, fragola, mela verde, mirtillo, prugna, fino a gusti più creativi come banana o yogurt.

La gradazione scende anche a 12-13%, rendendoli più facili da bere. Sono particolarmente apprezzati da chi non ama l’alcol troppo forte o da chi cerca un’esperienza più leggera e divertente. Attenzione però: sono dolci, ma ingannevoli.

Finire una bottiglia è più facile del previsto.

Come si beve il soju? Un rituale di rispetto e convivialità

In Corea, il soju si beve seguendo regole di etichetta ben precise, soprattutto in contesti formali. Se siete con persone più anziane o con superiori sul lavoro, ricordate di versare il bicchiere con due mani e accettarlo allo stesso modo.

È segno di rispetto. Non ci si versa mai da soli: si aspetta che qualcuno lo faccia per voi.

Il soju si beve in piccoli bicchieri di vetro, spesso tutto d’un fiato, specialmente nei brindisi collettivi. In compagnia, il momento del “geonbae”, ovvero “cin cin”, è sacro. Ci si guarda negli occhi, si brinda, si beve. Poi si continua a mangiare, parlare e ridere.

È un modo per rafforzare legami, sciogliere tensioni e creare connessioni.

Soju e cibo coreano: un’accoppiata vincente

Non si beve mai soju da solo! Questo alcolico è praticamente sempre accompagnato da cibo. Il più classico è il samgyeopsal, la pancetta di maiale grigliata al tavolo, ma anche stufati piccanti come il kimchi jjigae, pollo fritto, oppure piccoli piatti da bar come odeng (spiedini di pesce) o jeon (frittelle salate). L’importante è avere almeno uno snack insieme alla propria bottiglietta!

Il contrasto tra i sapori sapidi e grassi della cucina coreana “da bar” e il gusto pulito e alcolico del soju è semplicemente perfetto.

La recente riscoperta del soju artigianale

Da amanti di questo distillato una cosa che ci ha fatto molto piacere notare negli ultimi anni è il boom degli alcolici premium. Con l’interesse verso il cibo e le bevande artigianali, sta crescendo in Corea l’attenzione verso il soju tradizionale (così come sta avvenendo per il makgeolli). Distillerie come Andong SojuHwayoSamhae o Sulsangsan producono bottiglie secondo metodi antichi, invecchiando il distillato in ceramica o utilizzando solo riso fermentato naturalmente.

Questi soju possono costare molto di più (fino a 40.000 won o più, cioè 30 euro a bottiglia), ma regalano un’esperienza completamente diversa: gusto più profondo, note floreali, maggiore complessità. Da sorseggiare lentamente, più simili a un whisky o un grappa.